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Sab, Apr
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LUCIANO GIOVANNINI (Roma)

Autori Italiani
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GIOVANNINI LUCIANO  Nato nel 1961 a Roma, si laurea in Lingue e Letterature Straniere all’ Università “La Sapienza” di Roma. In possesso di diversi Corsi di Perfezionamento specialistici, insegna Inglese presso l’I.I.S. Eliano-Luzzatti di Palestrina (Roma). Appassionato di poesia sin da giovanissimo, riscopre questo amore nel marzo 2020, dopo circa quaranta anni. Comincia a partecipare ai più importanti premi letterari nazionali ed internazionali ottenendo risultati di assoluto rilievo tra i quali numerosissimi primi posti e piazzamenti sul podio, menzioni d’onore, premi speciali della giuria. Si dedica anche alla scrittura di aforismi ed ha ottenuto la vittoria nella sezione dedicata al premio nazionale di filosofia nel 2021. Le sue opere sono presenti in moltissime antologie e riviste letterarie. Ama Shakespeare, D’Annunzio, Montale, Saba, Ungaretti, Alda Merini. A Giugno 2021 ha pubblicato con la casa editrice Daimon la sua prima silloge:” La morna del gabbiano ferito e altri canti”.

 

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LA CHIGLIA SOMMERSA

 Ho acceso il camino e aspettato il bagliore del fuoco,

fuori c’era la nebbia e qualche tuono invernale.

Con le mani a cercare calore ed il cuore ebbro di vino,

ad un tratto ho incrociato il tuo sguardo ferito

e ho pensato ai miei anni e ai tuoi sogni perduti,

ad un sentiero pieno di sassi, a dei sandali corrosi dal tempo.

 

Noi siamo un destino sfiorato, una parola mai detta,

un quadro sbiadito attaccato ad un muro scrostato,

un piccolo fiore appassito con i petali appoggiati allo stelo,

un sole distratto da nubi grigiastre.

 

Noi siamo coraggio mancato e tremore infinito,

navi ancorate in porti lontani,

in balìa delle onde di un mare egoista

che corrode ogni giorno la nostra

 

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LA MORNA DEL GABBIANO FERITO

 A Willy Monteiro Duarte, alla sua mamma, alle mamme dei suoi carnefici

 

Non avrai alba o tramonto,

l’amaro caffè delle otto,

il rumore del vento tra i rami,

il sorriso di un amore annunciato.

 

Non avrai neppure dubbi e rancori,

i calzini intrisi di pioggia,

un treno partito in ritardo,

un sogno tra le pieghe del cuore.

 

Tua madre riscalda la cena

e canta l’Africa amata,

una morna imparata a memoria,

Capo Verde terra di mare.

 

In questa sera di immobili stelle

l’asfalto è un rude cuscino

e l’odio la greve coperta

gettata sulle tue costole stanche.

 

E’ un gioco inverso e crudele

questa vita di sabbia sfuggente

e tu, gabbiano ferito,

hai vinto chiudendo le ali,

mentre lo stormo felice ed ubriaco

 

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TREBLINKA

 

Quel che rimane su quel filo spinato

è solo un brandello di un sogno perduto

una molecola dissolta nel vento

e dal vento adagiata su sopite coscienze.

 

Quel che rimane di quei corpi straziati

sono le impronte lasciate nel tempo

immagini grigie e mucchi di scarpe

polvere e fumo in un cielo polacco.

 

Quel che rimane delle nostre vite bruciate

è l’odore acre nelle narici del mondo.

 

Quanto cara mi fu la tua libertà.